giovedì 29 ottobre 2009

IL Gattopardo


La settimana scorsa abbiamo visto a lezione il film "Il Gattopardo", tratto dall´omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il film è stato girato nel 1963 da Luchino Visconti ed è stato vincitore della Palma d´Oro come miglior film al 16º festival di Cannes.

Per tutti coloro che non hanno potuto vederlo, questa è la trama del film:


1860, Garibaldi con le sue camicie rosse invase la Sicilia. Nonostante lo sconvolgimento politico, l´aristrocatico Don Fabrizio, Principe di Salina (Burt Lancaster), compie ugualmente con la sua famiglia il viaggio annuale verso la residenza di campagna di Donnafugata.

Tancredi (Alain Delon), il nipote prediletto di Don Fabrizio, con la speranza di controllare gli avvenimenti si arruola tra i rivoltosi. Il Principe approva la scelta. Qui è in corso il plebiscito per l´annesione della Sicilia allo stato sabaudo, in cui il Principe vota a favore. Intanto viene a sapere da Padre Pirrone che Concetta, sua figlia, ama Tancredi. Ma le speranze di Concetta sfioriscono quando appare la figlia del sindaco, Angelica Sedara (Claudia Cardinale).

Don Fabrizio si rende conto che questo connubio tra la nuova borghesia e la declinante aristrocazia è uno dei mutamenti che deve essere accettato. Ma la prospettiva è possibile solo al nipote che appartiene alla nuova generazione, non per il Principe, il quale non crede ai cambiamenti dei siciliani.

Questa intesa verrà consacrata durante un grandioso ballo al termine del quale il principe si allontana, meditando, sul significato dei nuovi eventi che richiamano la sua attenzione ad un sofferto bilancio della propria vita.



Il film, credo, sia un grande affresco storico, un bel film, molto curato nei costumi e nelle scenografie. La fotografia è fantastica e gli attori sono bravissimi. Burt Lancaster senza dubbio è il migliore, riesce a trasmettere l´eleganza, il capriccio e la delusione della classe nobiliare meridionale ottocentesca. Alain Delon è perfettamente calato nella parte del bel ragazzo di nobile famiglia e nobili ideali romantici e, mamma mia, che begl´occhi! Claudia Cardinale bella da mozzare il fiato. Siamo di fronte ad uno dei più alti esempi di melodrama del novecento. Sullo sfondo la storia d´Italia, le profonde riflessioni sull´Unità e sulle abitudini della società italiana che ci permettono di capire meglio tutto ciò, per chi non è italiano.

La riflessione che è alla base del film è quella sul cambiamento. Il cambiamento come unico mezzo per rimanere ciò che si è. Il cambiamento delle forme per salvaguardare la sostanza. Ma per il Principe di Salina il cambiamento non è soltanto sociale, bensì individuale e personale. La sua è la comprensione che il mondo sta mutando e lui è incapace di mutare se non nella forma più naturale: invecchiando. Comprende con serenità che opporsi al futuro non solo è inutile ma anche patetico. Infatti sa fin troppo bene che tutto cambierà per restare sempre uguale. Un grandissimo Burt Lancaster e l´immenso protagonista che ci mostra, per tre ore, gli avvenimenti importanti che decideranno il futuro, il crepuscolo di un mondo tra nostalgia e rimpianto.

Comunque, rimane un capolavoro della storia del Cinema Italiano. Per fare un commento sul film, niente da dire se non eccezionale, nonostante la sua lunghezza. Purtroppo non ho letto il libro......ma dovrò provvedere assolutamente.








giovedì 15 ottobre 2009

L'unità delle Italie

Quando nasce una nazione?



Semplicemente quando uno la immagina. Una nazione è una comunità immaginata, limitata e sovrana. Ed il nazionalista è colui che ci crede






Immaginata perché è il nazionalista ad inventarla; limitata, perchè, pur essendo la più grande, ha pur sempre delle frontiere, oltre le quali si trovano le altre nazioni, ed è sovrana perché la Rivoluzione e i Lumi ne hanno alterato la legittimità divina del regno dinastico e gerarchico.






Dopo questa definizione vediamo il caso specifico dell’Italia, e il processo politico dell’Unità.






UNITA' D'ITALIA




Il Risorgimento fu una rivoluzione nazionale e borghese, come tutte quelle dell'Ottocento, fino all'Ottobre Rosso del 1917.



Non esisteva un'unità nella peninsola italica, perciò possiamo parlare delle Italie. Sin dalla caduta di Roma, l' Italia si frantumò.



Nell’Ottocento c'erano il Regno di Sardegna, con un regime liberale borghese, le antiche e orgogliose Repubbliche Marinare (la Serenissima di San Marco sotto il pugno di ferro dell’Impero Austro-Ungarico), il Regno delle Due Sicilie e il Gran Ducato di Toscana che lottavano contro la carboneria e contro il regime assolutista, e infine, Roma e il Papa, una teocrazia che si rese conto che non poteva ritornare al secolo X.



C'erano anche delle economie agricole ben diverse tra loro: nel nord esisteva l’enfiteusi: piccole parcelle di terra, di propietà condivisa, che permettevano una agricoltura più libera e più capitalista che quella della Mezzadria toscana o del latifondo meridionale. C'era, infine, un area di sviluppo industriale al nord, tra Torino-Milano-Genova, in pieno cuore dell’Europa.



Si parlavano anche lingue diverse: i patrioti del 1799 lo sapevano, ed in ogni Repubblica scrissero dei manuali per diventare buoni cittadini nel dialetto di ogni città: lombardo, veneto, napoletano, etc.



Nelle Italie ci sono due movimenti nazionalisti: quello di Giuseppe Mazzini, che si collegava con gli antichi movimenti repubblicani degli inizi del secolo, i giacobini.Questi credevano nella Repubblica fondata sulla fraternità, la legalità e l’uguaglianza dei cittadini, presenti nella carboneria e nelle società segrete. Un movimento che, però, fallì ed i patrioti dovettero affidarsi a Cavour e al Piemonte.
L’altro movimento nazionalista era ideato da Cesare Balbo, e nella pratica attuato da Camillo Benso e Vittorio Emanuele II. Era questa la via liberale e borghese, che voleva un'unità sotto una monarchia forte e cattolica, che garantisse la proprietà privata e un'economia di mercato nonché l’ordine.





Vittorio Emanuele II (1820-1878), non abrogò la Carta Magna sabauda, lo Statuto Albertino, e perciò fu riferimento di tutti i patrioti italiani. L’altra figura fu Camillo Benso, Conte di Cavour (1810- 1861). Lui prese decisioni nella politica estera, nella Guerra di Crimea, evitando così l’isolamento del Piemonte. Diventò il portavoce della questione italiana nel contesto della politica europea.



L’unità avvenne sotto il Regno di Sardegna, monarchica e liberale. Cavour si avvicinò a Napoleone III per allontanare l’Austria. Con il Trattato di Plombieres Napoleone III promise un possibile aiuto contro l’Austria. Cosí, il Piemonte scatenò il processo dell’Unità: in tutta la penisola esplodevano movimenti unitari. Napoleone III, impaurito dagli avvenimenti liberali e dalla creazione di un altro stato che potesse squilibrare la bilancia europea, finì per avvicinarsi a Francesco Giuseppe dell’Austria. Il Piemonte diede alla Francia la Savoia e Nizza.





L’ultima figura di spicco fu Garibaldi, esperto militare con esperienza nelle antiche colonie spagnole. Questi sbarcò a Marsala l’11 maggio del 1860: era la Spedizione dei Mille, le camicie rosse che contarono con l'aiuto dei "picciotti" siciliani. Garibaldi fece crollare il Regno delle Due Sicilie: il 19 agosto passò per la Calabria, e il 7 di settembre entrò a Napoli.



Cavour reagì e invase gli Stati Pontefici, dalle Marche fino all'Umbria, e sconfisse l’esercito papalino a Castelfidardo. Garibaldi e Vittorio Emanuele si diedero la mano a Teano, nel Casertano, il 26 Ottobre del 1860. Nel frattempo, resistevano gli ultimi soldati dell'esercito borbonico a Gaeta.
L’unificazione non si completó fino una decada dopo, con l’annessione di Venezia e il Veneto via referendum. L’unificazione non fu soltanto una conquista regia, fu realizzata anche dal contributo dei democratici di Garibaldi.




Subito dopo nacque la questione meridionale e dentro di questa il
brigantaggio e la resistenza... che alla fine si nascose per via del patto fra la nuova classe politica che non capiva molto bene com'era il Sud con le eliti locali, per smettere il problema delle morti nell'esercito italiano per colpa del brigantaggio, aiutando a fare crescere il problema della malavita e del crimine organizzato.


Grazie all’unificazione il Mezzogiorno conquistò non solo la possiblità di partecipare ad una più larga e alacre vita nazionale, ma imboccò anche la via maestra per avviare al superamento dei suoi problemi storici. Ma è stata un'unificazione anche dolorosa e problematica: il Sud conobbe più lo stato come macchina accentratrice e repressiva che come complesso di istituzioni e funzioni tese a modernizzare la vita economica, sociale e civile. Conobbe lo Stato assentista.

venerdì 9 ottobre 2009

Parolacce? Sì, grazie!


(foto da internet)

Chi non è mai stato punito per insultare o bestemmiare?
Avevano ragione i nostri genitori e i nostri insegnanti?
La risposta è NO!!!

Secondo diversi studi universitari, si è dimostrato che le parolacce fanno bene alla salute. Ci sono tre importanti motivi per cui dobbiamo usarle oppure aumentarne il numero nella nostra vita.

(foto da internet)
Prima ragione: L´Università di East Anglia (Inghilterra) ha constatato che dire brutte parole a lavoro aiuta a creare un rapporto tra i colleghi e, inoltre, libera lo stress. Questo studio dimostra pure che le donne le usano tanto quanto gli uomini.
Seconda ragione: L´uso di parole offensive riduce il dolore. L'esperimento è stato fatto dal Professore Richard Stephens, il quale ha coinvolto un gruppo di 64 studenti: coloro che, mentre mettevano le mani nell'acqua fredda, dicevano una parolaccia hanno resistito circa 2 minuti. Quando, però, hanno riintrodotto le mani nell'acqua fredda, senza questa volta dire una brutta parola, hanno resistito alla temperatura ghiacciata solo 75 secondi.
Terza ragione: Una parolaccia molto forte fa molto bene al nostro organismo.

(foto da internet)


Il Dottore Calixto Rupérez collega le brutte parole con le tossine e le calorie. Secondo lui, le persone che dicono parolacce vivono meglio e più a lungo, e sono addirittura più magri. Nonostante ciò, la riduzione delle tossine e delle calorie dipende dal tipo di parola che si usa e anche dalla maniera con cui si dice. Per esempio, se una persona è abituata a dire otto volte al giorno “me cago en la puta de oros” potrà eliminare 200 calorie, mentre, se lo stesso soggetto pronuncia “coño” le calorie eliminate saranno 80.
E voi le dite?

venerdì 2 ottobre 2009

PRIMA LEZIONE

Salve, a tutti, cari compagni!

Comincia già un nuovo corso e quest'anno ci vedremo in questo blog che adesso inauguro. Perciò vi spiego che nella prima lezione abbiamo guardato su internet la canzone che canta Fabri Fibra insieme a Gianna Nannini, In Italia.

Eccovi il mio commento, sempre particolare.

Mi sembra che sia una canzone molto pessimista e personale, forse troppo personale (ma questa è la funzione dell’arte, cioè manifestare tutto quello che si sente). Quest'interpretazione, molto peculiare, ci propone una visione dell'Italia molto negativa. Forse fa capire che la gente ignora la situazione attuale che si vive in Italia. Ci sono cose che tutti sappiamo di questo paese: è cattolico, è pieno di arte, ci sono molte squadre di calcio fortissime, c’è mafia e corruzione, si mangia bene e si sopravvaluta la bellezza. Ma queste cose non la fanno peggiore di altre nazioni. Veramente dappertutto tutto il mondo è paese.

Penso che sia un paese bellisimo, pieno di gente gentile e brava e che se guardiamo tutto come un cimitero difficilmente potremo andare avanti.

Voi che ne pensate?